Lessico difficile


Note grammaticali


Trascrizione

“C’era una volta un pezzo di legno”.

Così comincia una delle storie più famose della letteratura italiana: Pinocchio. Non con un eroe, non con un uomo comune, ma con un pezzo di legno: qualcosa di povero, umile. E, come nella migliore tradizione italiana, proprio da ciò che è umile nasce la magia. Perché l’Italia è anche questo: un Paese che trova la magia e crea arte dalla semplicità. Perché prima ancora di diventare un “bambino vero”, Pinocchio è un burattino. E in Italia i burattini non sono solo giocattoli o intrattenimento per bambini: sono personaggi spesso antichi, che vengono usati per rappresentare storie, usanze, dialetti, e stereotipi della società italiana. Sono specchi, spesso deformati, spesso esagerati, ma comunque specchi della nostra società.

Certo, Pinocchio è un’opera antica, nasce nel 1881, ma altro non è che l’erede letterario più famoso di un mondo teatrale già vivo da secoli, il Teatro di figura. Immagina un teatro senza attori in carne e ossa. Immagina, piuttosto, personaggi fatti di legno o di stoffa. Personaggi che non camminano e non parlano da soli, grazie alla magia come Pinocchio, ma che prendono vita grazie alle mani, alla voce e alla fantasia di qualcuno che li gestisce da sopra o sotto il palco. Questo è il teatro di figura: un mondo dove burattini e marionette diventano i protagonisti di famosissime storie italiane. E questa tradizione, di dare voce al legno, all’immaginazione, di dare vita all’inanimato, per secoli ha intrattenuto e animato piazze, fiere e strade italiane. Perché il burattino di Collodi è, in realtà, il discendente più famoso di una tradizione tutta italiana di cui parleremo oggi, una lunga tradizione di figure che rappresentano, commentano, ironizzano e raccontano periodi storici e stereotipi della società italiana nel tempo.

Io sono Irene e questo è Podcast Italiano, un podcast che ti aiuta a migliorare il tuo italiano attraverso contenuti autentici e interessanti che trattano la cultura e la società italiana. Prima di iniziare, ti ricordo che questo episodio, come tutti gli episodi, è accompagnato da una trascrizione, parola per parola, di tutto l’episodio, e da un glossario, che presenta tutte le parole più difficili di questo testo, spiegate in italiano e tradotte in inglese; troverai inoltre anche la spiegazione delle strutture grammaticali più difficili che userò. Sia la trascrizione che il glossario sono risorse molto utili per chi sta studiando o vuole imparare l’italiano senza sforzo. Trovi il link a tutte queste risorse in descrizione, o sul sito podcastitaliano.com , nella sezione “podcast intermedio”. Ti ricordo che queste risorse sono tutte gratis. Approfittane.

Torniamo a noi. Oggi parleremo di tutto un po’. Parleremo dei significati che i burattini, le marionette e le maschere teatrali italiane hanno avuto nel corso della storia, di cosa rappresentano e di come riflettono la società e la cultura del loro tempo, proprio come, in un certo senso, fa Pinocchio. Partiamo proprio da Pinocchio. Prima di tutto, qualora non conoscessi la storia di Pinocchio, cosa che dubito, visto che è fra le opere più tradotte e amate in tutto il mondo, praticamente ai livelli della Bibbia, te la racconto brevemente.

Pinocchio è un burattino di legno creato da un ciocco di legno, un pezzo di legno magico, dal falegname Geppetto. Quindi Pinocchio, anche se è fatto di legno, si comporta come un essere umano, in quanto si muove da solo, cammina, parla, dorme e mangia; insomma, è un burattino con l’animo di un bambino, vivace, curioso e spesso disobbediente, che dice un sacco di bugie e ogni volta gli cresce il naso, e che sogna di diventare un bambino vero, in carne ed ossa. Durante le sue avventure, incontra tanti personaggi fantastici, alcuni buoni e altri cattivi, come il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, e il Grillo Parlante. Pinocchio, nel corso della storia, vive tante avventure e disavventure: arriva al paese dei Balocchi, un luogo apparentemente meraviglioso che però poi si rivela essere una sorta di prigione, poi rischia di trasformarsi in un asino, e viene anche inghiottito da un pescecane. In generale, la storia è speciale perché Pinocchio, oltre ad essere molto simpatico è anche un simbolo di crescita, educazione e formazione morale: attraverso errori, prove e punizioni, impara valori come il lavoro, lo studio, l’onestà e la generosità. È una fiaba educativa, ma anche un racconto universale sulle difficoltà di diventare “grandi” e responsabili.

Soprattutto quando, come Pinocchio, non si vuole crescere, non si vuole sottostare a delle regole. Pinocchio è uno spirito libero, curioso, che vive alla giornata e vuole fare solo quello che gli va. E questo è un problema, perché purtroppo il mondo in cui vive, e in cui viviamo noi, non funziona così. Anzi, ci sono tante regole da seguire per non finire nel caos, e se non si rispettano le regole, arriva puntuale la punizione. Eppure il nostro eroe resiste, non si arrende mai, e riesce sempre a trovare una soluzione ai suoi problemi e a vincere le disavventure.

Ma, a questo punto, che c’entra Pinocchio, che è un’opera letteraria, con il teatro dei burattini di cui ti parlavo prima?

Beh, oltre al fatto che ogni spettacolo teatrale, anche uno spettacolo di burattini o marionette, nasce da un copione, da un’opera letteraria come Pinocchio, e che Pinocchio, nell’opera, è un burattino (o marionetta), dettaglio inequivocabile, c’entra eccome. Perché, proprio come la maggior parte dei burattini famosi della tradizione italiana, Pinocchio non è solo un personaggio: è un simbolo. E capire cosa simboleggia non è facile o immediato: bisogna conoscere un po’ il periodo storico e le abitudini dell’Italia di quel tempo.

Quando Collodi pubblica Le avventure di Pinocchio nel 1881, l’Italia è un Paese giovanissimo: c’era appena stata l’Unità d’Italia, nel 1861, quindi l’Italia, come Paese unito, aveva solo vent’anni. C’era stata l’Unità, certo, ma la maggior parte della popolazione era analfabeta, i dialetti erano più forti della lingua nazionale, dell’italiano, le differenze tra Nord e Sud erano enormi, la scuola era una conquista ancora fragilissima, e l’identità italiana… praticamente non esisteva.

E allora Collodi fa una scelta geniale: non racconta la storia di un principe, né di un eroe; racconta un burattino. Pinocchio rappresenta il pubblico target dell’epoca, perché comunque ricordiamoci che Pinocchio è letteratura dell’infanzia, cioè nasce per intrattenere i bambini, ok? Quindi i bambini che in quel periodo storico leggevano (o non leggevano, magari ascoltavano) la storia di Pinocchio, che era povero, smarrito, confuso, ribelle, senza un’educazione stabile, proprio come loro, potevano immedesimarsi, potevano ritrovarsi, rivedersi in quel personaggio, vivace e ribelle, un po’ analfabeta, ok? Ma Pinocchio, col suo corpo di legno, rappresenta anche qualcos’altro. Rappresenta un’Italia “rigida”, “di legno”, povera, grezza, ma piena di potenzialità. Un Paese che deve ancora imparare a camminare, a parlare, a comportarsi da “nazione”. Un Paese “incompiuto”, che non è nato del tutto, che sogna un’identità stabile, che spesso inciampa e prende la strada sbagliata, proprio come Pinocchio prima di diventare umano. Ovviamente questa è solo un’interpretazione, Collodi non ha mai detto “Pinocchio rappresenta l’Italia”, ma così funziona la letteratura, no? Con le diverse interpretazioni.

Ecco, se Pinocchio rappresenta l’Italia e il suo pubblico target, possiamo vedere una connessione diretta con un grande campo del teatro italiano: quello dei burattini e delle marionette, anche chiamato Teatro di figura. Veniamo subito al punto. Così come Pinocchio non è un semplice ciocco di legno, neanche i burattini e le marionette lo sono. Sono piuttosto veri e propri protagonisti del teatro italiano, accanto a tanti attori, capaci di far emozionare il pubblico, di farlo ridere e riflettere.

Immagina di essere in una sala. Davanti a te c’è un piccolo teatro. Ma davvero piccolo! Il sipario è chiuso. Dietro questo piccolo teatro, un burattinaio (ovvero la persona che muove i burattini) infila la mano dentro un pupazzo di stoffa. Questo pupazzo ha una testa, delle mani, vestiti colorati e magari una maschera. Non cammina da solo, non parla da solo, ma appena il sipario si apre e il burattinaio muove la mano, tutto cambia: il pupazzo prende vita. Il pubblico accanto a te ride, applaude, si emoziona. Questo è il cuore del teatro dei burattini: dare vita all’inanimato, trasformare il legno e la stoffa in personaggi, in attori.

La storia delle marionette e dei burattini in Italia è antichissima: già nel Medioevo e nel Rinascimento venivano usate non solo per intrattenere il pubblico, ma anche per insegnare o raccontare storie religiose. Già nel 1500 marionette e burattini erano famosi nelle strade italiane: i venditori li usavano per attirare clienti o raccontare piccole storie. Poi, con il tempo, i burattini divennero protagonisti di veri e propri spettacoli, con copioni, scenografie e musica. Le compagnie teatrali percorrevano città e Paesi, e i bambini e gli adulti si accalcavano per vedere spettacoli con personaggi famosi in tutta Italia.

Innanzitutto capiamo la differenza tra burattini e marionette: i burattini sono di stoffa o carta, le marionette di solito di legno, ma possono essere anche di stoffa. Le marionette vengono mosse dal marionettista, mentre i burattini dal burattinaio. La differenza è semplice: il burattinaio muove i burattini dal basso, infilando la mano dentro il pupazzo. Questa tecnica permette movimenti immediati e un linguaggio diretto, comico e ironico, perfetto per far ridere il pubblico; il marionettista invece muove le marionette dall’alto, tirando i fili collegati alla testa, alle braccia, e alle gambe della marionetta. Il lavoro del marionettista è molto preciso: deve controllare che il corpo della marionetta sia in equilibrio e deve coordinare movimenti molto complessi, come camminare, girarsi o addirittura ballare. Una marionetta può sembrare “viva” solo grazie alla sensibilità e alla tecnica del suo marionettista.